A metà degli anni ’90, il volume annuale di emissioni nell’atmosfera era di oltre 118 mila tonnellate di anidride solforosa: circa 7 tonnellate per ogni abitante di Karabash. Sia i residenti che gli esperti hanno collegato l’elevato tasso di mortalità da cancro e malattie respiratorie con lo stabilimento di fusione di rame. Nei primi anni, la cittadina raggiunse i 50.000 abitanti, ma questo numero è gradualmente diminuito fino agli attuali 11.000. Le autorità locali e la direzione dell’impianto sostengono che la situazione ambientale stia migliorando, ma i residenti non sono dello stesso avviso. Nemmeno nel 2017, Anno dell’Ambiente in Russia, c’è stato alcun miglioramento evidente a Karabash. Karabash, che nelle lingue turche significa “picco nero“, fu fondato alla fine del 1800, vicino al fiume Sak-Elga. All’inizio era un sito dedicato all’estrazione dell’oro, ma presto fu trovato anche il rame, e nel 1910 fu costruito un nuovo impianto di fusione che è attualmente in funzione. Solo pochi anni dopo la sua apertura, da Karabash proveniva un terzo di tutto il rame russo. Nel corso dei decenni una città vera e propria si è sviluppata attorno allo stabilimento. Ma più a lungo funzionava l’impianto, peggiore era la situazione ambientale, senza alcuna struttura per il trattamento dei rifiuti. Nel 1989, le autorità hanno infine fermato la produzione di rame, lasciando una parte considerevole della popolazione disoccupata. La situazione socio-economica di Karabash, già pessima, peggiorò ulteriormente. Dopo alcuni anni, la fabbrica fu riaperta sotto un nuovo proprietario, come Karabashmed Ltd., ma nel 1996 il ministero dell’ambiente russo lo dichiarò una zona di disastro ambientale: le emissioni atmosferiche annuali della centrale contenevano oltre 118.000 tonnellate di anidride solforosa. L’anidride solforosa irrita il rivestimento del muco del naso e della gola e ha un effetto dannoso sui denti. L’esposizione eccessiva può portare a debolezza, vertigini, tosse convulsa e, nel peggiore dei casi, a muco sanguinante, mancanza di respiro e perdita di conoscenza. Secondo la direzione dell’azienda, ha anche installato nuovi impianti di filtraggio e il suo livello di emissioni nocive è diminuito di venti volte. Le ricerche condotte nel 2011 per accertare la quantità di metalli pesanti e di arsenico nell’atmosfera, nell’acqua e nel suolo, mostrano tuttavia che la situazione non è particolarmente migliorata. Attualmente, il 60% del territorio di Karabash è inquinato da mercurio. La concentrazione di arsenico è 279 volte il livello consentito; per il rame è 368 volte e 300 volte per il piombo, mentre la concentrazione di rame nell’acqua è 600 volte sopra il limite. Non ci sono nemmeno stazioni di monitoraggio per verificare la qualità dell’aria in città. Nel 2014 e nel 2015 Karabash ha avuto uno dei più alti tassi di mortalità in giovane età di tutta la Russia. Le indagini hanno rivelato, tra le altre cose, che un considerevole numero di bambini avesse un’altissima percentuale di metalli pesanti (piombo, arsenico, cadmio) nei capelli e una quantità preoccupante di cadmio nel sangue. La centrale paga una media di 3.000-5.000 rubli [42- 70 dollari] a persona come risarcimento. Ma né i soldi né i numerosi progetti di ricerca di organizzazioni e esperti indipendenti possono aiutare le persone a lasciare la città avvelenata. Nel 2015, il malcontento verso l’impianto di fusione ha portato a una manifestazione a cui hanno partecipato appena 500 persone. Da un lato, c’era chi condannava la grave situazione ambientale e chiedeva la chiusura dell’impianto, dall’altra c’erano persone preoccupate di perdere il lavoro e quindi l’unica fonte di sostentamento possibile in quella zona. La società è costituita da uno stabilimento che produce rame grezzo – fino a 130.000 tonnellate all’anno – e da un impianto di arricchimento per la lavorazione delle scorie. Queste strutture hanno incluso recentemente un impianto per la pulizia a umido del gas che fuoriesce quando il minerale è estratto, e un altro per la condensazione acida. Nel 2015, a questo si è aggiunto un impianto che converte il gas tossico prodotto dal processo di fusione in acido solforico che prima veniva rilasciato nell’atmosfera. La società e la città hanno un accordo di partnership sociale. Secondo il sindaco, in circa 10 mesi nel 2017, l’azienda ha investito circa 313 milioni di rubli (4,5 milioni di dollari) a Karabash. Il denaro ha fornito un complesso sportivo e recuperato un sanatorio, una scuola e un asilo. Un posto di lavoro nell’impianto offre da tre a cinque nuovi posti di lavoro nei settori sussidiari e nei servizi. Quindi esiste una connessione diretta tra il successo e la prosperità dell’azienda e lo sviluppo delle piccole e medie imprese nella zona. La triste realtà è che senza la fonderia, non ci sarebbe nessuna Karabash.
Karabash, poco più di un paese al di là dei monti Urali, è conosciuto in tutto il mondo per il suo sconvolgente inquinamento ambientale. L’impianto di fusione del rame ha inquinato terreno e aria fin dall’inizio del secolo scorso e, a metà degli anni ’90, il ministero dell’Ambiente russo ha dichiarato il paese zona di disastro ambientale.
Il processo per raffinare il rame grezzo crea molti gas tossici e metalli pesanti (piombo, arsenico, zolfo, mercurio). Le emissioni di queste sostanze nocive nell’ambiente non sono state monitorate e per molti anni e i rifiuti di lavorazione sono stati scaricati nel fiume Sak-Elga. Negli anni ’90, già 14 milioni di tonnellate di rifiuti erano stati scaricati nel territorio di Karabash.
Gli alberi smisero di crescere sulla vicina montagna e la terra diventò nera. La gente iniziò a chiamare questo posto la “montagna nuda“. L’area intorno alle fabbriche di raffinazione del rame sembra un paesaggio post-apocalittico, con le sue foglie morte, il fiume arancione (a causa al rame e altre sostanze presenti) e il lago irrimediabilmente inquinato. Tutti i pesci morirono e la gente del posto smise di sentire il canto degli uccelli. Una croce fu stata eretta sulla montagna nuda, inscritta con le parole “salva e proteggi” in grandi lettere bianche.
Nella prima metà degli anni 2000 l’impianto cambiò nuovamente proprietario: la Russian Copper Company (RMK), che è in comproprietà con due società offshore cipriote, Pyracanta Holdings Limited e Tilia Holdings Limited, e che produce 30.000 tonnellate di rame grezzo all’anno.
“Le cose erano davvero brutte“, dice una donna di mezza età. “L’intero distretto era avvolto nel gas; avevamo paura di uscire dalle nostre case. Ora ci sono meno emissioni, ma ogni volta che il gas ci raggiunge, in giardino muore tutto – verdure, patate, persino i pulcini. ”
Nessuno beve l’acqua del rubinetto, vanno tutti a prendere acqua alla fonte.
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Alessandro Tesei